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giovedì 12 novembre 2009

Chiamatemi Kurt


Salve. Chiamatemi Kurt, il mio vero nome è molto più banale.
Mi sono ritirato dopo l’ultimo incarico e ora svolgo un’attività del tutto convenzionale abbastanza anonima.
Io sono, anzi sono stato, un operatore privato di sicurezza, altrimenti definito private contractor o, senza troppi fronzoli come si diceva quando ho iniziato, un mercenario.
È meglio mettere in chiaro subito una cosa: sì, per lavoro ho ucciso e contribuito a far uccidere delle persone. Quante di preciso non so. Solo i malati di mente portano certi conti. Non mi è piaciuto, non mi piace nemmeno ora, ma ho trovato un equilibrio con questa faccenda. Sono bravo nel mio lavoro, uno dei migliori. Per me le armi sono veramente l’ultima risorsa, mi piace ragionare e mediare. Ho uno dei tassi tango(1) più bassi del circuito. Se le mie missioni fossero state affidate a uno spetsnaz(2) o a qualche fanatico di Parris Island(3), probabilmente ci sarebbero un centinaio di persone in meno in giro per il mondo. Preferisco pensare che la mia professionalità abbia salvato la vita di questa gente.
Le domande che mi fanno quando qualcuno viene a sapere della mia esperienza sono, più o meno, sempre le stesse: come hai cominciato e perché, che tipo di lavoro si fa e per chi, quanto si guadagna (in genere questa è la prima), hai mai ucciso qualcuno (a questa ho già risposto), come si diventa private contractor, come si diventa operatore privato di sicurezza, come si diventa mercenario (la domanda, in questo caso, dipende da età, livello culturale e numero di libri di avventura letti).

Cercherò di rispondere a queste domande sperando che questo vi aiuti a comprendere meglio un fenomeno che ha una consistenza molto superiore a quella che un non addetto può anche lontanamente immaginare.

Come hai cominciato e perché
Appena raggiunta la maggiore età, mi sono arruolato nelle IDF(4). Sono un ebreo italiano. Gli israeliani hanno un programma di arruolamento apposito per gli ebrei di nazionalità straniera(5) e io volevo dare il mio contributo alla difesa della Terra Promessa. Non so oggi, ma la cosa non era esattamente legale per un cittadino italiano alla fine degli anni settanta così eviterei di dilungarmi su particolari superflui.
Ho ricevuto un ottimo addestramento e ho prestato servizio per due anni in zona di combattimento venendo ferito quattro volte, ricevendo due promozioni sul campo ed una decorazione al merito.

Al termine dei due anni di ferma ho deciso di congedarmi e tornare in Italia. La difesa della Terra Promessa si era spesso rivelata troppo aggressiva, cosa in contrasto con i principi che mi avevano portato lì.
Con me si sono congedati un paio di commilitoni, fra i quali un russo, con il quale rimasi in contatto. Il russo, non potendo rientrare in Unione Sovietica da dove era scappato, rimase in Israele acquisendo la cittadinanza.

In Italia ho ripreso a studiare, mantenendomi con lavoretti e facendo perfino il vigile del fuoco. Il mio commilitone russo mi contattò e mi coinvolse nella prima missione da mercenario, pardon da private contractor. Si trattava di scortare alcuni uomini di affari svedesi in territorio ostile. L’offerta era buona, una decina di stipendi da vigile del fuoco, spese escluse, per tre settimane di un lavoro semplice, quasi un viaggio turistico.

Da allora ho fatto diverse missioni in circa venti anni di carriera specializzandomi sempre più in vari campi come la sicurezza nelle telecomunicazioni e la protezione dei dati e diventando un professionista molto apprezzato. Nel frattempo ho completato i miei studi e mi sono costruito una vita normale che ho condotto parallelamente a quella di contractor mantenendo il numero di missioni ad un massimo di tre, quattro all’anno, quelle dove la mia capacità di coniugare esperienza militare e competenza tecnica mi consentivano di controllare il quadro operativo e ridurre il mio tasso tango a livelli da record.
Che tipo di lavoro si fa e per chi
A fronte di una visione popolare del mercenario rozzo al servizio del dittatore di turno che spara all’impazzata facendosi strada tra poveri soldati regolari incapaci di contrastare la sua potenza di fuoco, il private contractor attuale può ricoprire una serie di ruoli in funzione della sua esperienza, del suo addestramento e della competenza tecnica su armamenti, telecomunicazioni, banche dati e controllo del territorio. E’ possibile anche applicarsi a compiti di intelligence anche se, in questo caso, è necessario appartenere ad etnie specifiche con conoscenza profonda delle lingue e dei costumi dei soggetti coinvolti.

I tempi sono cambiati da quando si cercava lavoro sugli annunci di Soldier of Fortune. Oggi, la quasi totalità del mercato è nelle mani di grandi compagnie militari private (private military company o pmc) come la Xe Services LLC(6), la Aegis Private Security, la C3 Defense o la Beni Tal israeliana.
Il 90% del business serio è nelle loro mani, anche se ci sono diversi operatori minori ai quali arriva, in sub sub molto sub appalto, il lavoro più oneroso e meno retribuito.

Si lavora per i governi o per i privati, in genere grandi compagnie o persone di grande disponibilità economica.
I governi richiedono servizi di bassa specializzazione, quali presidio di zone occupate e bonificate, scorte a convogli merci e protezione di installazioni a basso impatto strategico dove risulterebbe più oneroso impiegare personale militare regolare visto anche il notevole assottigliamento degli eserciti regolari sempre più a corto di effettivi.
E’ possibile, anche se raro, il ricorso a private contractors anche nel caso di operazioni a fuoco quali il recupero di ostaggi o operazioni di bonifica del territorio. In questo caso, il ricorso a mercenari in luogo di truppe regolari può avere il fine politico di non dover giustificare eventuali perdite all’opinione pubblica interna che, magari, non condivide scopi e metodi delle azioni militari in cui è impiegato il proprio paese.

Il lavoro di livello qualitativo più alto e sicuramente più remunerativo è quello che si fa per le grandi società internazionali. Per comprendere meglio la funzione delle compagnie militari private al servizio di multinazionali occorre riflettere sul fatto che, a volte, le decisioni prese dal governo di qualche remoto paese africano o sudamericano, non sono esattamente rispettose della proprietà, del diritto internazionale e degli interessi degli azionisti. E’ possibile, infatti, che un governo imponga nuove regolamentazioni fiscali vessatorie, magari con effetto retroattivo, e decida di sequestrare gli impianti, trattenere i passaporti dei funzionari stranieri fino a quando la società non decide di mettersi in regola con le nuove disposizioni. Il ricorso alle rappresentanze consolari o alle ambasciate è spesso lento e macchinoso. Non esistendo una polizia internazionale in grado di proteggere la proprietà e gli interessi da imposizioni arbitrarie, si ricorrere ai servizi di una compagnia militare privata per recuperare i propri addetti e portarli al sicuro o per proteggere impianti dal valore di milioni di dollari.
Altre volte si lavora per grandi gruppi assicurativi per il recupero di proprietà cadute nelle mani di pirati o di predoni. In questi casi il recupero del bene consente alla compagnia assicurativa di non erogare il rimborso previsto dalla polizza.
Quanto si guadagna
Bella domanda che, ovviamente, non può avere una risposta univoca. Diciamo che per compiti di scarsa specializzazione quali scorte e sorveglianza, in genere si ottengono ingaggi bi-trimestrali di circa 15-20.000 dollari dai quali dedurre le tasse ( sempre che si decida di pagarle ), i costi per l’equipaggiamento personale, il sostentamento e quello per una robusta assicurazione sulla vita che, per gli incarichi di basso profilo, non è quasi mai compresa nella retribuzione.
Se invece si opera ad un livello di specializzazione maggiore, le modalità di retribuzione, come pure le cifre, cambiano notevolmente. In questo caso si riceve un ingaggio relativo alla singola missione e proporzionale ai compiti previsti per la propria specializzazione. Nell’ingaggio è compreso l’equipaggiamento e l’assicurazione e, spesso, è previsto un bonus collegato al completamento degli obiettivi.
Queste modalità sono solo per gente esperta e che può portare alla missione un contributo che va aldilà di sparacchiare qualche raffica di HK in giro, cosa che, in fin dei conti, può fare chiunque.
Sto parlando di specialisti di logistica, esperti di detonazioni e deflagrazioni (che non sono la stessa cosa), piloti di elicottero, di caccia o di mezzi corazzati, conoscitori di tecniche di intrusione o difesa informatica ecc.
Più alto è il ranking con il quale uno specialista è conosciuto in giro, maggiore è la sua retribuzione. Si può arrivare tranquillamente a cifre con sei zeri se la missione è lunga, rischiosa e muove interessi sostanziosi.
Come si diventa private contractor, come si diventa operatore privato di sicurezza, come si diventa mercenario.
Lasciati dire che se stai cercando questa risposta su internet, probabilmente questo non è il lavoro per te. Quello che voglio dire è che si arriva a fare il private contractor al seguito di una serie di esperienze non banali che ti mettono in condizione di incontrare le persone giuste nelle condizioni giuste per iniziare. E’ necessario un addestramento militare serio ed almeno un anno o due di servizio, meglio se effettuato in corpi operativi impegnati in teatri di combattimento. In queste condizioni è facile conoscere persone in grado di procurare un contratto alla conclusione dell’arruolamento regolare. Ovviamente, questo da solo la possibilità di essere coinvolti in operazioni non specialistiche dove il massimo che è richiesto è quello di non sembrare degli spaventapasseri con un fucile in mano. Per entrare nel giro grosso, quello delle missioni per intenderci, è necessario addestrarsi e, tenetevi forte, studiare. Quindi, se pensate di fare i mercenari perché a scuola siete delle mezze seghe, cambiate idea. Un buon professionista è esperto almeno in due branche fondamentali. In missione si va in 10, 15, non di più e, se necessario, si deve essere in grado di sostituire validamente l’esperto di telecomunicazioni così come il meccanico o l’armiere.
L’entusiasmo è controproducente. Un mestiere come quello di mercenario non può piacere, a meno che qualcuno non abbia le rotelle fuori posto. Va fatto con professionalità e distacco. Quando ho selezionato le mie squadre ho sempre scartato a priori quelli che mi dicevano che si divertivano a fare queste cose. Non può essere divertente rischiare la pelle o doversi trovare a sparare addosso a qualcuno. Va fatto. Si fa. Il mondo funziona così, ma non è e non sarà mai una cosa bella.
Le ultime missioni le ho svolte da controllore, nel senso che ho gestito la squadra sul campo da una postazione remota (a volte molto, ma molto remota a causa dell’indisponibilità di infrastrutture tecnologiche evolute nelle prossimità del luogo della missione) dove si controlla la logistica, il territorio ed il quadro operativo attraverso supporto satellitare ed informatico.
Le missioni in territorio ostile sono spesso supportate in questo modo. Al controllore, che ha una visione più ampia e distaccata, è affidato il compito di coordinare le azioni delle squadre e, se necessario, prendere decisioni che possono coinvolgere il destino di uomini e materiali.
La mia ultima missione da controllore, quella con la quale ho concluso la mia carriera, è stata un vero fallimento. E’ stato triste congedarsi così, ma questo è un lavoro dove gli errori si pagano molto duramente e tutti, prima o poi, una fesseria la facciamo.
Comunque, questa è un’altra storia. Se vi interessa ve la racconterò un’altra volta.

Riferimento: http://www.mentecritica.net/

1 commento:

  1. Ciao Kurt, di certo sei un grande uomo, il blog è onorato della tua storia e per il tuo coraggio.

    The Faithful Guide

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